"Marina e uomo di spalle", Rimondini Ghino detto Righi, (1964).
Lampada a muro, Scarpa Carlo, (1958/1970).
"Paesaggio con tramonto, con colori rosso, giallo, blu", Acquaroni Antonio, (1969/1970).
"Paesaggio industriale con elementi volumetrici e campiture di colore", Visani Enrico, (1965/1975).
Bologna

Città Metropolitana di Bologna

Orari e Tariffe
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Tipologia Collezioni
Pubblicazioni e Cataloghi
Matteucci A.M., Carlo Francesco Dotti e l’architettura bolognese del Settecento, Bologna, Alfa, 1969, pp. 54-58.
Arbizzani L. (a cura di), Palazzo Malvezzi tra storia arte politica, Bologna, Provincia di Bologna, 2001, terza edizione.
Cuppini G., L’architettura senatoria: Bologna tra Rinascimento e illuminismo, Bologna, Editrice Compositori, 2004, pp. 44-45.
Palazzo Malvezzi de' Medici
via Zamboni, 13
Bologna (BO)

Arte
Arte moderna (XVI-XIX secolo)
Arte contemporanea storica (1900-1950)
Arte contemporanea attuale (1950 ad oggi)
Arte figurativa
Arte astratta
Palazzo Malvezzi fu ceduto all'Amministrazione provinciale nel 1931. Nel 1934, in occasione dell'insediamento degli uffici, l'architetto Emilio Boselli riadattò molti ambienti. A questo stesso cantiere risalgono il completamento del cortile con il loggiato di fondo e la modifica dello scalone.

Il monumentale palazzo Malvezzi de’ Medici, prospiciente la facciata della chiesa di San Giacomo Maggiore, venne edificato nel 1560 per incarico di Paola Malvezzi e di suo figlio Giovanni sulle antiche case acquistate dalla famiglia nel 1458. La nuova fabbrica, estesa a parte del sagrato ottenuta nel 1559 dagli agostiniani, fu adeguata al prestigio raggiunto grazie alla protezione di papa Leone X e all’acquisizione dell’eredità Malvezzi de’ Medici. I progetti vennero affidati all’architetto Bartolomeo Trachini, che realizzò un edificio porticato in facciata, con fronti organizzati con imponenti ordini classici sovrapposti, secondo modelli di uso centroitaliano ben presto adottati anche a Bologna. Nel 1606 il palazzo fu venduto agli Aldrovandino, del ramo dei Malvezzi detti in seguito “dal portico buio”, più verosimilmente per la prossimità, su strada San Donato, dell’antistante portico Manzoli Malvasia. Nel 1725 Alfonso Torreggiani costruì il grande scalone su disegno di Francesco o di Ferdinando Bibiena, una struttura scenografica poi modificata in parte nel 1932, in seguito all’adattamento dello stabile a sede provinciale.
Tra il 1852 e il ’53 Giovanni Malvezzi de’ Medici, personaggio di spicco nella vita politica cittadina, diede inizio al cantiere decorativo al piano nobile, caratterizzato in precedenza da un assetto piuttosto sobrio. Concorsero all’impresa i più celebri ornatisti di quegli anni: lo scenografo Francesco Cocchi, i figuristi Antonio Muzzi e Girolamo Dal Pane, gli ornatisti Giuseppe Badiali, Onofrio Zanotti, Andrea Pesci e Luigi Samoggia, oltre agli scultori Vincenzo Testoni e Massimiliano Putti. Tra gli ambienti più rappresentativi, sui quali si aprono le porte neo rococò disegnate da Francesco Cocchi, si segnalano la Sala del Consiglio, già salone delle feste: sulla volta del grande vano, decorato su progetto del Cocchi, si apre lo sfondato affrescato da Onofrio Zanotti, con figure attribuite ad Andrea Pesci, mentre sulle pareti drappeggi e putti in volo si alternano a medaglioni con i ritratti Malvezzi, riportati alla luce nei restauri del 2007. Seguono poi la Sala dello Zodiaco, ornata dai segni zodiacali allineati entro uno spazio scandito da quadrature; la Sala Rosa o degli Amori, ispirata alla cultura letteraria del committente e decorata da Girolamo Dal Pane su tele incorniciate dagli stucchi di Vincenzo Testoni; i rilievi del camino si devono invece a Massimiliano Putti, che scolpì anche il prezioso camino in alabastro della Sala Verde, affrescata nel 1852 da Antonio Pesci con putti e i satiri affacciati sui lunettoni della volta. Una Danza delle Ore orna il soffitto della Sala Rossa, già Sala da Ballo, oggi ambiente di rappresentanza dell'amministrazione. E’ questo il complesso decorativo piu' fastoso del piano nobile, caratterizzato da alte specchiere e illuminato da sontuosi lampadari. Merita segnalazione infine il salottino con volta a finto baldacchino forse dipinta da Luigi Samoggia; in questa stanza, utilizzata come sala da tè, Giacomo Leopardi conversava con Teresa Malvezzi.
Nel 1931 il palazzo fu ceduto alla Provincia dall'ultimo erede dei Malvezzi. Nel 1934, in occasione dell'insediamento degli uffici, l'architetto Emilio Boselli riadattò molti ambienti: tra questi la sala di Giunta, corredata di una boiserie a scapito degli affreschi parietali. A questo stesso cantiere risale il completamento del cortile con il loggiato di fondo, decorato da una scultura. Altre modifiche interessarono lo scalone.


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