Nanni Mario
1922/ 2019
installazione
tavola/ pittura ad acrilico, tavola/ pittura a olio
altezza parete 305//lunghezza parete 600
cm
sec. XXI (2001 - 2001)
n. 3364

Come già analizzato nella rivista dell'Istituto Beni Culturali, "IBC" (a.XIII, n° 3, 2005, pp. 91-92), Mario Nanni è un artista a tutto tondo e non codificabile da un solo medium; egli ha espresso le sue costanti poetiche nell'arco di sei decenni attraverso il disegno, la pittura, la scultura, l'installazione e l'environment, all'insegna dell'ossimoro di una costante trasformazione dell'idea degli opposti; e i suoi ultimi lavori, "I giochi della metamorfosi", possono considerarsi la summa in una stilla dei suoi percorsi concettuali e formali.
Nato in Toscana, ma endemicamente emiliano-romagnolo, Nanni è uno dei protagonisti della storia dell'arte del territorio da più cinquant'anni con un' arte dell'esistenza iniziata con esordi figurativi subito lasciati per i significati ed i gesti della poetica informale, che Nanni interpreta, a metà degli anni Cinquanta, con qualche suggestione spazialista, ma privilegiando sostanzialmente un organicismo materico che, attraverso il suo coagularsi, arriva ai 'nuclei' dell'esistenza, metafora visiva delle cellule vitali in trasformazione. Dalla fine di questo decennio, sino alla metà degli anni Sessanta, egli fa scaturire dai suoi lavori informali quella parca 'possibilità di relazione' (Crispolti, 1960) con la figurazione, composta in strutture reiterate e dinamiche, tanto ad aver fatto parlare di neo futurismo. Poco dopo la riflessione sull'oggetto e lo spazio diventa preponderante nell'ambito della sua ricerca, come per la maggior parte degli artisti più aggiornati: la cultura della pop art lo portava a riflettere sul 'culto dell'oggetto' legato alla tecnologia, discorso sul quale l'artista ha insistito a lungo sino ad esisti oggettuali, in cui l'astrattismo geometrico dà vita a sculture che diventano la sintesi formale dell'oggetto fenomenico esperito dall'artista, ma filtrato dalla sua 'coscienza selettiva' (Accame, 1967). L'anno seguente si dimostra cruciale per Nanni: realizza un importante environment d'arte ambientale, "I giochi del malessere", cui seguono lo straordinario "Amore mio" e la performance "Il limite del mare", dove i segni dell'idea stesa sul progetto cartaceo rifluiscono, oggi, nei "Giochi della metamorfosi", come se Mario continuasse a cercare la misura dei limiti del globo e dello spazio, attraverso i canali materici della sua pittura che ci stupisce attraverso l'incessante, regolare, metamorfosi operata dai flussi energetici dell' orologio cosmico, con una fantasia più storica e simbolica rispetto a quella matematica, fisica e geometrica con cui misurava il 'limite del mare'. E' anche il momento in cui, con "Amore mio", Nanni adotta stabilmente la carta geografica, materialmente sostituita alla tela, sulla quale si trasforma 'una sorta di action painting congelato e meccanizzato' (Caroli, 1974) da cui poi scaturiscono le "Geografie dell'attenzione" : installazioni bidimensionali o tridimensionali, attraverso l'elaborazione pittorica della cartografia, in cui l'indagine di Nanni diventa topografica e fantastica al tempo stesso, un'interpretazione emotiva e concettuale dell'habitat trasformato dall'essere umano e dal suo sviluppo tecnologico che trae origine dalla riflessione e maturazione di opere degli anni Sessanta, come "Macchina-faro", "Sequenze" e "Finestra sulle cose".
Le "cose" tecnologiche trovano l'acme nel "Mitico computer", nel 1973: le forze energetiche ideali e ordinate delle sculture in ferro sono espresse da Nanni sulla carta, trasformate in linee disordinate e confuse, aggrovigliate in una metafora rivelatoria del caos e delle nevrosi che talvolta albergano il cervello umano, simbolizzato dal computer quale ricercata forma di una poetica oggettuale rinata dalle braci non ancora sopite della pop art. 'Questo mio lavoro poggia su due componenti contraddittorie (che sono poi in fondo una mia costante): una di origine grossomodo fenomenologica che mi porta verso una fusione e compenetrazione organica, un contatto con le cose, l'altra di ordine analitico strutturale che mi fa considerare il versante dell'indagine e dell'analisi, così che l'impeto energetico, dinamico, di coinvolgimento organico, l'energia immaginativa e il meccanismo dell'immaginazione con la sua inevitabile parte di gioco assumono un aspetto di vertigine fredda' (Nanni, 1975). Alla fine degli anni Settanta, egli è in linea con le istanze della pittura segnica, ma il suo lavoro trae linfa dal passato, ossia dalle prime esperienze informali che, trasformate, s'innestano con cogenza nella corrente poetica degli anni Ottanta e Novanta. Dopo una parentesi in cui 'i segni tendono a rimarginarsi' (C. Spadoni, 1978) in installazioni di breve seduzione poverista come "Topologia dell'immaginario" e "Soldificazioni", i topoi che fanno parte della carriera di Nanni - il concetto di stratificazione, il segno e la materia - sono messi in opera nelle sculture e nei dipinti che ripropongono con coerenza le tensioni concettuali dell'artista, come nelle "Colonne", sino ad arrivare a punte qualitative come la serie di opere La traccia dell'esistente, indagine sulla precarietà ed inafferrabilità fenomenica e sulla ricchezza di un fuggevole presente noumenico, erede del passato e genesi del futuro al contempo, capace di lasciare l'impressione, il segno, la traccia; materia magmatica e rigore geometrico convivono con consapevolezza nel lavoro di Nanni sino all e"Impronte" ed "Installazioni" del 1993-94, dove ricompare, in scultura, un altro dei simboli del passato dell'artista: l'ingranaggio dell'orologio quale metafora dei cosmi, micro e macro, e della circolarità del tempo che li governa.
La convivenza degli opposti in perenne trasformazione l'un con l'altro in un'unica unità, sono alla base di filosofie orientali e delle teorie psicanalitiche d'inizio Novecento, mentre l'analogia e l'osmotico rapporto tra microcosmo e macrocosmo ha attraversato secoli di storia della filosofia, da Lucrezio al Romanticismo tedesco, sino ad arrivare ad Herman Hesse. Ne "I giochi della metamorfosi", ciclo d'installazioni che Nanni compie dal 2004 ad oggi, egli amplia le "Geografie dell'attenzione" a sguardi universali, spostando il punto di vista nel tentativo di rileggere e superare il rapporto sublime e romantico tra l'uomo e il cosmo alla luce della tecnologia spaziale, che ha squarciato le prospettive dell'uomo verso l'universo, e della ricerca fisica sui neutrini e l'armonia cosmica; e il suo lavoro culmina, attualmente, nella sintesi perfetta della scultura, dal titolo di sapore calviniano, "La città errante" dove Nanni, recuperando ancora una volta un elemento dal passato, l'ingranaggio ad orologio per le "Componenti variabili", crea una nuova metafora del pianeta, del luogo in cui s'interseca un'umanità nomade e globalizzata la cui energia, vorticosa, orizzontale e costellata da simboli, è proiettata verso il sistema solare e la scoperta di nuovi mondi, o verso un'inquietante esplosione della stella nebulosa.